Uomo Multicultura SarajevoLa Giornata sui Balcani, il prossimo 11 dicembre, nasce con il proposito di attivare un necessario confronto sull’attualità dello scenario balcanico, in particolare serbo-kosovaro e bosniaco, sullo sfondo delle grandi trasformazioni che stanno attraversando la regione e, insieme con lei, l’intera Europa. Una “rappresentazione” che intende essere, grazie al potente supporto dello strumento filmico e documentaristico e del linguaggio narrativo e cinematografico, costantemente in bilico tra i temi della cittadinanza attiva e dell’intervento civile per la prevenzione della violenza e la trasformazione dei conflitti, e quelli dell’impegno della società civile e degli attori istituzionali, in primo luogo l’Unione Europea, per la soluzione delle crisi, per l’attivazione dello strumento dell’intervento civile e per la “pace positiva”.

Un punto di partenza utile per una giornata tematica avviata con l’intenzione di «discutere in maniera leggera di contenuti niente affatto leggeri» e dall’annotazione, quasi in premessa di metodo, di saper distinguere tra l’Europa, nata e morta a Sarajevo, per riprendere l’adagio famoso di Alex Langer, uno dei principali ispiratori del movimento europeo per i Corpi Civili di Pace, e che si appresta tra un anno a celebrare il centenario della Prima Guerra Mondiale ed uno degli anniversari del “lungo ventennale” della Guerra di Bosnia (1992-1995), e l’Unione Europea, la cui crisi economica e politica ne accentua ancora di più la contraddizione dell’essere, al tempo stesso, primo sostenitore umanitario al mondo (quasi 700 milioni di euro nel bilancio 2013), e artefice, attraverso gli interessi nazionali dei Paesi Membri, di vere e proprie azioni di guerra (dalla partecipazione euro-atlantica all’aggressione contro la Jugoslavia alla recente iniziativa franco-britannica in Libia).

Per questo è così esigente e necessaria l’azione della società civile che, autonomamente dai governi, si impegna, forte dell’ispirazione nonviolenta, a intervenire “sui” e “nei” conflitti, a sostegno delle vittime e a supporto degli sforzi della società civile locale per il superamento dei conflitti armati e la ricostruzione di nuovi presupposti di dialogo, fiducia, ricomposizione e, in definitiva, pace. Alcune recenti attivazioni degli Operatori di Pace Campania, quali la ricerca-azione “Bosnia ed Erzegovina: i Volti, le Storie” e il progetto dei “Corpi Civili di Pace in Kosovo”, intendono essere, proprio alla luce di questi presupposti, lo sviluppo di una “azione concreta” di promozione della pace e di costruzione dei Corpi Civili di Pace (specie in Kosovo) e di una indagine volta a ri-costruire terreni condivisi di sperimentazione del dialogo e per il reciproco riconoscimento tra le parti del conflitto.

Paradigma e laboratorio, al tempo stesso, del conflitto etno-politico del nostro tempo, esploso in una guerra portata dai bombardieri della NATO (oltre trentamila i raid della NATO contro la Jugoslavia in 78 giorni di guerra nella primavera del 1999) con l’attivo supporto del Governo Italiano (la maggior parte dei raid partivano dalla base di Aviano) fuori qualsivoglia mandato delle Nazioni Unite, il Kosovo è, tuttavia, terra di storica co-abitazione di popoli e nazionalità e luogo di memorie e narrazioni, nonché di uno dei più ampi e coinvolgenti movimenti nonviolenti di riconciliazione, quello animato da Ibrahim Rugova ed Anton Cetta, che ha portato a riconciliare, superando le reciproche vendette giurate, oltre 1.200 famiglie kosovare nel corso degli Anni Novanta. Come in Bosnia, anche in Kosovo la speranza della riconciliazione non è mai, nonostante tutto, venuta meno.

Ricostruire “una storia” attraverso “le storie” diviene, quindi, importante ed i film in programma, “Kosma” di Sonja Blagojevic e “La Besa di Luce” di Turi Finocchiaro e Nathalie Rossetti, ne sono vivida testimonianza, da un capo all’altro del ponte della città divisa di Mitrovica e a cavallo tra le comunità che rendono viva ed unica la realtà kosovara (non solo Albanesi e Serbi, ma anche Rom, Ashkalij, Egizi, Bosniaci, Turchi e Gorani) e così significativa la realtà albanese, con il retaggio delle culture tradizionali e del messaggio del Kanun. Un “ponte di dialoghi” e di “dialoghi di pace” che meritano attenzione, in uno scenario che, dopo gli accordi serbo-kosovari del 19 Aprile 2013 ed il nuovo percorso di adesione europea, dopo la Croazia, della Serbia, torna davvero più attuale che mai.

Gianmarco Pisa, segretario IPRI (Istituto Italiano di Ricerca per la Pace) – Rete CCP (Corpi Civili di Pace)

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