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L’articolo che segue, di Giovanni Carbone, è stato pubblicato sulla rivista web Cantolibre.it il 28 Settembre 2015.

Nel mondo globatizzato nasce il primo “profugo climatico”, espulso dalla Nuova Zelanda deve tornare in un Paese destinato a sparire

C’è un piccolo stato in Oceania,  nel cuore profondo dell’Oceano Pacifico,  che non confina con nessuno e dove, per il gioco dei fusi orari terrestri, ogni  nuovo giorno inizia sempre prima che in tutto il resto del mondo.

E’ uno Stato arcipelago, composto da 33 isole abitate da poco più di centomila persone e che si denomina: KIRIBATI. Prima del 1979, anno dell’indipendenza dal Regno Unito, quando gli atlanti erano un sussidio didattico e la geografia ancora materia di insegnamento nel nostro paese, qualcuno, forse, ne serberà memoria remota come Isole Gilbert.

KiribatiLa sfortuna di Kiribati è che 32 dei suoi atolli, si elevano di appena pochi metri sopra il livello del mare. Questo, anche se non ha mai rappresentato un impedimento per la permanenza umana, da alcuni anni, a causa del riscaldamento oceanico e del conseguente innalzamento del livello delle sue acque, espone le isole Kiribati ad incursioni frequenti delle onde marine che invadono case, distruggono colture e cosa più grave, contaminano le sue riserve di acqua potabile.

Il Presidente di quella piccola Repubblica parlamentare, AnoteTong, in una intervista rilasciata nel 2013 al giornalista  Jeffrey Goldberg del Bloomberg Business Week, assegnava al suo paese vent’anni di vita ed in previsione di una  catastrofe annunciata nel disinteresse del mondo, comunicava che già nel marzo 2012,  aveva provveduto ad acquistare un terreno di quasi 25 chilometri quadrati nelle Isole Fiji, stante l’indisponibilità delle altre nazioni dell’area ad offrire sostegno per una eventuale migrazione dei suoi concittadini.

La storia di  IOANE TEITIOTA, abitante delle  Kiribati, che quando l’oceano gli aveva travolto la  casa era partito dalla sua isola ed aveva chiesto asilo in Nuova Zelanda, non ha avuto grandissimo risalto sulla nostra stampa. Da questo lato del mondo, in fondo, era solo una piccola vicenda in una stagione segnata da storie tremende di migrazioni epocali in cui la solennità della dichiarazione universale dei “Diritti dell’Uomo” è parsa riposare nelle profondità del piccolo mediterraneo o  sulle punte insanguinate di un filo spinato che i piccoli egoismi nazionali appellano, qua e la, muri.

Teitiota_1Eppure, il migrante Teitiota, quando sbarca ad Aucland, chiede al tribunale di essere dichiarato “rifugiato” perché la sua isola non ha futuro. Con i suoi due metri di altezza,infatti,  è destinata ad essere sommersa a causa del riscaldamento globale e dall’innalzamento dell’oceano. Così, al signor TEITIOTA, forse per il capriccio di un destino memore della sua  provenienza da un paese in cui ogni nuovo giorno inizia sempre prima che in tutto il resto del mondo, tocca stabilire l’ inedito primato di primo profugo climatico dell’era contemporanea.

Purtroppo, Nuova Zelanda e Australia  sono da sempre restie a modificare le proprie leggi sulle immigrazioni che al momento non contemplano l’estensione dello status di profugo a chi fugge da catastrofi climatiche. Inizia allora, nel 2011, una battaglia legale che vedrà per quattro lunghi anni il cittadino del mondo Ioane Teitiota, difeso dall’avvocato Michael Kidd, impegnato a dimostrare che lui e la sua famiglia sono in “pericolo di vita” non a causa di un conflitto o persecuzione, ma per motivi climatici, tanto da non avere un luogo dove tornare.

Finalmente, il 23 settembre di quest’anno, come avrete già intuito, il Dipartimento Immigrazione della Nuova Zelanda ha decretato l’espulsione di IOANE TEITIOTA. Secondo fonti giornalistiche, nel luglio ultimo scorso, la Corte Suprema Neozelandese aveva respinto l’ultimo ricorso di Ioane sostenendo che: “mentre Kiribati indubbiamente affronta delle sfide, il signor Teitiota, se ritorna, non è esposto a grave danno. Pertanto la sua istanza non raggiunge i criteri legali, come paura di persecuzione o minaccia alla vita. E non vi è indicazione che il governo di Kiribati manchi di adottare misure per proteggere i cittadini dall’impatto del cambiamento climatico”. Ineccepibile esempio di coerenza logica tenuta insieme da una variante giuridica del filo spinato.

Teitiota_2Una sentenza che sembra segnare l’estensione di un nuovo strano principio di non ingerenza negli affari interni di un altro stato, qualcosa come: gli effetti indesiderati del cambiamento climatico  sono un problema dei singoli stati colpiti.

Conoscendo la consistenza economica e demografica di Kiribati si fatica a trattenere un sorriso amaro. Per la cronaca, IOANE TEITIOTA dovrebbe avere 38 anni, ha vissuto dal 2007 in Nuova Zelanda con la moglie e con tre figli nati in quel paese. Anche la moglie e i figli dovranno lasciare il paese, ma sembra che il Dipartimento  dell’Immigrazione Neozelandese, bontà sua, non abbia ancora specificato quando.

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