Riceviamo e pubblichiamo con gratitudine questo ricordo di Fabio Maniscalco scritto da Laura Sudiro, autrice del libro “Oro dentro” che ricostruisce la carriera di un eroe civile italiano, vittima dell’uranio impoverito a soli 42 anni. E con l’occasione inviamo alla moglie di Maniscalco, Mariarosaria Ruggiero, un saluto e un ringraziamento sentito per avere partecipato all’ultima edizione del nostro Festival

ManiscalcoBosniaSalvare l’arte. L’archeologia rubata, saccheggiata, offesa. Preservare il patrimonio culturale dei paesi e dei popoli colpiti da eventi bellici. In una parola, salvare la Bellezza.

Questo l’imperativo che ha ispirato il lavoro, la produzione scientifica e la passione civile di Fabio Maniscalco, l’archeologo napoletano che tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del nuovo secolo si dedicò anima e corpo, prima nei Balcani e poi nel Medio Oriente, a un impegno ritenuto dai più, all’epoca, del tutto secondario rispetto alle urgenze del momento e portato avanti fino alle estreme conseguenze, fino al sacrificio di sé. Perché Fabio, come tanti altri militari italiani che hanno partecipato alle missioni di peace-keeping, è stato tradito e ucciso, a soli 42 anni, da quel nemico invisibile che si chiama uranio impoverito e, più in generale, dall’esposizione al cosiddetto inquinamento bellico.

Oggi, grazie a un’aumentata sensibilità verso questo genere di tematiche, sia a livello internazionale che sotto il profilo istituzionale – si pensi alla costituzione, nel febbraio del 2016, in virtù di un accordo tra Mibact e Unesco, dei Caschi Blu della Cultura – la sua storia risulta più attuale che mai.

Fabio Maniscalco può essere ritenuto, a ragione, il primo Casco Blu della cultura. Fu lui, militare in ferma breve della Brigata Garibaldi impiegata nell’operazione Nato “Joint Endevour”, in una Sarajevo martoriata da quattro anni di assedio, il più lungo della storia moderna, a richiamare all’attenzione dei suoi superiori l’articolo 7 della Convenzione dell’Aja del 1954, articolo che prescrive, al comma 2, la necessità di “predisporre o istituire, sin dal tempo di pace, nell’ambito delle proprie forze armate, servizi o personale specializzati, aventi il compito di assicurare il rispetto dei beni culturali e di collaborare con le autorità civili incaricate della loro salvaguardia”. Una normativa che nessun esercito al mondo, nel secondo dopoguerra, aveva mai applicato e che solo grazie alla tenacia e alla lungimiranza di Fabio Maniscalco trovò attuazione prima in Bosnia, in via sperimentale, nell’inverno del 1996, e poi, nel 1997, con il crisma dell’ufficialità, in Albania, paese all’epoca attraversato da una grave crisi politica ed economica che rischiava di sfociare in una guerra civile.

A dieci anni dalla sua scomparsa, la moglie, Mariarosaria Ruggiero, insegnante e storica dell’arte, lo omaggia dedicandogli un sito: www.fabiomaniscalco.it. Un archivio on-line, ricco di foto, video, articoli e pubblicazioni per entrare nel vivo delle sue pionieristiche esperienze nelle zone di guerra e della sua attività di studioso, con contributi che spaziano dalla storia dell’arte all’archeologia subacquea, altra grande passione e oggetto di ricerche mai abbandonate.