La regista Iara Lee, brasiliana di origine coreana, già ospite del nostro Festival nel 2015 e presente in precedenza con sue opere audiovisive, è attivista, regista ed animatrice della rete Cultures of Resistance che, attraverso la Caipirinha Productions, ha prodotto alcune opere di Cinema dei Diritti Umani, ovvero Cinema di Resistenza.

Noi vediamo il cinema non solo come un modo per documentare le ingiustizie sociali, ma anche come uno strumento per cambiare le cose in meglio. Siamo orgogliosi che i i nostri film siano serviti a promuovere una serie di importanti campagne sui diritti umani (Iara Lee).”

Iara Lee ha quindi costruito il Network Cultures of Resistance come mezzo per sostenere campagne internazionali di pace e giustizia, dal movimento internazionale per vietare le bombe a grappolo fino agli sforzi per sensibilizzare la gente sul consumo di minerali nei conflitti congolesi.  Attivisti di tutto il mondo hanno utilizzato i film di Cultures of Resistance come efficaci strumenti educativi e organizzativi.

Cultures of Resistance Network promuove la solidarietà globale e collega e supporta attivisti, educatori, agricoltori e artisti per costruire una più giusta e mondo pacifico attraverso la resistenza creativa e l’azione nonviolenta. Come regista, Iara ha diretto e prodotto diversi documentari e molti cortometraggi negli ultimi dieci anni. Il Festival di Napoli ha presentato il film sulla Siria “The suffering grasses” e, in anteprima nazionale, i film sui Saharawi “Life is waiting” e sul “The invisible footmen” sul Pakistan.

Il suo ultimo film, intitolato “Wantoks: dance of resilience in Melanesia” (2019), mette in evidenza gli artisti melanesiani che usano i loro talenti per celebrare la cultura locale e attirare l’attenzione internazionale sulla lotta delle loro isole contro i cambiamenti climatici e sarà l’opera con cui, in anteprima nazionale, si aprirà ufficialmente l’XI Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli.

La proiezione del film WANTOKS e l’incontro con Francesco Quatrano, collaboratore di Iara Lee, sono programmati per mercoledì 20 novembre alle ore 18.30 allo Spazio Comunale Piazza Forcella, in via della Vicaria Vecchia, 23, Napoli. A moderare la serata il giornalista RAI Raffaele Crocco. Oltre al film, sarà presentato uno slideshow di immagini raccolte in Melanesia.

A seguire il Festival ricorderà Bruno Manser, l’uomo dei Penan, come lo avevano battezzato gli indios della foresta del Borneo (Malesia) per i quali si batteva e con i quali è rimasto fino alla fine.

Bruno Manser era un antropologo svizzero, nato a Basilea nel 1954, la cui fine è ancora oggi  ignota. È stato dichiarato ufficialmente disperso nel 2005, dopo 5 anni che era stato inghiottito da quel lembo di terra lontana a cui aveva dedicato gran parte della sua vita. Dal 1984 al 1990 ha vissuto nella foresta del Sarawak ed è diventato l’amico dei Penan, una popolazione nomade che abita nella foresta umida del Borneo, la stessa foresta che era nelle mire dei trafficanti di legno che hanno raso al suolo il patrimonio boschivo di uno dei paesi più verdi al mondo.

Il suo sacrificio è giunto dopo quasi venti anni di resistenza, denunce e iniziative di lotta che Manser ha condotto in Europa e nella stessa Svizzera, per mantenere alta l’attenzione dell’Occidente sull’origine del legno delle multinazionali. Si batté contro le multinazionali e contro uno Stato corrotto che, con concessioni e soldati, stava distruggendo lo spazio vitale dei popoli della foresta. L’attivista divenne il nemico pubblico numero 1, l’uomo da ricercare e da abbattere.

Con il sostegno di Roger Graf, un difensore dei diritti umani, creò a Basilea il Fondo Bruno Manser, che si trasformò in una potente organizzazione a difesa della foresta pluviale. L’obiettivo principale: il boicottaggio, incitando i consumatori dei paesi industrializzati a rinunciare al legno tropicale.