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Cosa si nasconde dietro le mura della Casa Circondariale Femminile di Pozzuoli che molti, attraversando Via Pergolesi, hanno modo di vedere?
C’è un mondo organizzato che viaggia con tempi e ritmi diversi, anomali rispetto a quello esterno, l’universo invisibile delle donne recluse che spesso portano con sé, già dalla società libera, la loro invisibilità.
Le donne rinchiuse a Pozzuoli arrivano al carcere dopo un itinerario che ne ha fatto a pezzi la personalità. Sono italiane e straniere, di ogni religione, etnia, colore. Giovani, spesso tossicodipendenti, abbandonate dalla famiglia, sfruttate dagli uomini, ladre per sè e per i figli, di scarsa cultura, incapaci di usare e organizzare il proprio tempo; o donne mature, cresciute nella logica del ricatto, della legge della prevaricazione, della mentalità camorristica, forti di un codice alterato. Alcune scelgono di vegetare, di dormire, possibilmente fino alla scarcerazione e si chiudono in un silenzioso rifiuto di tutto; altre scelgono di replicare, dentro, le modalità della vita di fuori; altre  ancora partecipano ad ogni corso o attività possibile, quasi in una forma di investimento su se stesse. Spesso ritornano, per scontare pene brevi, così frequentemente da venire condannate in realtà a piccoli ergastoli, da “crescerci, nel carcere” come dice qualcuna. Ma tutte, nel carcere ci scompaiono.

Noi, da vent’anni insegnanti a Pozzuoli,  diamo loro l’occasione di salvare il tempo che sembra si sia fermato sul portone blindato all’ingresso. E partiamo da ciò che resta della donna invisibile che, nonostante il reato commesso, va scoperta, capita, educata.
Cominciamo semplicemente ad esserci, aspettando e sospendendo ogni giudizio perché ci accettino come persone fuori dal sistema detentivo, esclusivamente delle amiche silenziose, delle orecchie disponibili. Poi si “porta fuori”: fuori i sentimenti, la rabbia, i sogni, le paure anche nostre e si diventa un gruppo nel quale si cresce insieme. In un flusso continuo, circolano  informazioni nuove di cui le donne detenute sentono il bisogno, piccoli contenuti che vanno incontro ai loro dubbi: come evitare l’AIDS o se avere figli, come scrivere una lettera al fidanzato, come decodificare un articolo di giornale, se, vivendo un rapporto affettivo con altre donne, si diventa omosessuali, scrivere poesie per vivere in un altro tempo, in un modo sconosciuto e fuori dalle sbarre.

E noi, né psicologhe, né volontarie, né assistenti sociali, anzitutto persone e solo dopo professioniste, come minatori cerchiamo le loro capacità nascoste, senza sapere nulla del loro passato che non venga da loro. Nella nostra scuola ‘diversa’, la scuola delle necessità, che mette ordine, che le rende più sicure, più vive, con desideri da riconoscere e sostenere, le recluse di Pozzuoli muovono piccoli passi, ognuna a modo proprio, nel rispetto reciproco. Proviamo a volte dolore nel vederle piegate, talvolta ammirazione e spesso compassione.
Sono nati così le esperienze di canto, il Laboratorio di poesia e autobiografia, il viaggio immaginario nella zona flegrea, la critica a libri e film, il laboratorio di alfabetizzazione informatica, quello sulla salute, quello di carta artigianale. E le rappresentazioni teatrali. Una sfida sempre nuova.   Hanno scoperto saperi e talenti, sorprendendosi di riuscire ad esprimersi compiutamente, a cantare, a muoversi con grazia e senso, a guardare consapevolmente un film, nel recupero dei valori universali di rispetto di se stesse e degli altri, e forse della consapevolezza di ciò che è giusto o che non lo è, della legalità profonda, etica, laica, che è vera base e sostanza dei rapporti umani.

Corso di Istruzione in Età Adulta del CPIA Napoli Provincia n.1

A.   Cicala
F. Minale
F. Apa
M. D’Emilio
M.L. Martorelli
O. Caccavale
P. Schiavone

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