bozzetto

dondero ritrattoChi ha conosciuto e frequentato Mario, anche solo per poco tempo, non può dimenticare la sua umanità, irresistibile. Per fortuna ci sono, in giro per la rete, molte interviste e brani di conversazione che ne restituiscono il fascino della parola, ma soprattutto dello sguardo, anche se è comunque impossibile dimenticarlo per quello che è stato, nel mondo del giornalismo e dell’arte, per tanti lunghi anni. Il suo stile vive nelle foto in bianco e nero che sussurrano dalle pareti, restituendo istanti déjà-vu che si riaccendono ad un cenno inatteso. Come il suo modo di interrogarti, seduto sulla sedia del bar, curioso, sornione, mai sazio di racconti. Ha fatto bene Emanuele Giordana a definire “umano” quel saper stare al mondo, con la macchina appesa al collo e la voglia di capire chi è l’altro, cosa fa e quante storie ha dietro le spalle. E poi scattare.

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Definire Dondero “fotogiornalista” secondo me è un modo sbrigativo di raccontare il suo essere vivo; si dovrebbe dire che è stato uno scrittore per immagini, un regista dello scatto, un uomo dentro la camera, con cuore e testa. Nelle sue foto sembra che ci siano anche le voci e i suoni, però può darsi che sia una mia sensazione…. mi hanno sempre attirato le persone che sanno raccontare storie e Mario era uno di quelli, l’ho avvertito subito. Per questo è ancora piacevole ascoltare le sue parole custodite nelle interviste o pronunciate da chi gli ha voluto bene.

(il testo integrale è riportato nel Catalogo del IX festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli)

Il Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli ricorderà Mario Dondero la sera del 6 novembre alle ore 19 nello spazio comunale Piazza Forcella, con una proiezione di sue immagini curata dalla Fototeca di Fermo, commentate dalla sua compagna Laura Strappa e dal regista Alessandro Negrini.