Storie e protagonisti della XIII Edizione del Cinema dei Diritti Umani di Napoli

Curatore: Laura Sudiro
Editore: Dante & Descartes
Anno edizione: 2022
In commercio dal: 20 settembre 2022
Pagine: 92 p., ill. , Brossura
ISBN: 9788861572423
Prezzo: 15 euro

Sommario

Premessa (a cura di Laura Sudiro)
Introduzione (a cura di Maurizio Del Bufalo)
Tributo alla Val di Susa

Prima Parte: Gli eventi internazionali

Sahara occidentale
   Saharawi, la lotta del popolo del deserto di Fatima Mahfud
Palestina
   Vita da perseguitato: il caso Mohammad Bakri di Luisa Morgantini
Iraq
   Ezidi: genocidio continuo di Amy L. Beam
Afghanistan
   Gli Hazara sull’orlo di una catastrofe umanitaria di Amin Wahidi
   Il costo di essere Hazara in Afghanistan di Hussain Rezai
   Midnight Traveler di Hussan Fazili
Zona Artica
   Sapienze indigene tra vecchi e nuovi colonialismi: il caso del popolo Sami di Valentina Ripa e Giovanni Carbone
Siria
   Il mio sguardo sulla Siria di Simon Safieh

Seconda Parte: Testimonianze
Intervista alla giuria esperti

Terza Parte: I vincitori della XIII Edizione – Locandine

Quarta Parte: I vincitori della XIII Edizione – Premi e menzioni

Postfazione (a cura di Elisabetta Pandimiglio)
Ringraziamenti

Premessa

“Radici e ali. Ma che ali mettano radici e che le radici volino”.
Quando il poeta Juan Ramon Jiménez scrisse questi versi era un giovane innamorato in procinto di imbarcarsi su un piroscafo della Compania Transatlantica che, salpato alla volta di New York, l’avrebbe ricongiunto alla sua Zenobia. Sono versi che san­no di futuro, di promesse, di libertà e che inevitabilmente risuonano nell’anima di chiunque, levate le ancore, si appresta a intraprendere il proprio viaggio nell’esistenza.
D’altronde, la magia della poesia è questa: adattarsi alle infinite pieghe della no­stra interiorità per sussurrarci un messaggio personale, a volte universale. E se le pa­role di Jiménez hanno accompagnato la mia giovinezza come un mantra di speranza, potente e misterioso, non posso oggi immaginarle senza pensare a tutti coloro a cui quel futuro, quelle promesse, quella libertà sono negati, spesso fin dalla nascita.
Ali tarpate, spezzate, incenerite. Radici avvelenate, calpestate, recise. Vite negate, sospese. E, all’ orizzonte, il limbo insidioso della precarietà, della paura, dell’incertezza. La sagoma oscura del potere che opprime. Ecco il leitmotiv che accompagna il lettore attraverso le storie raccolte in questo volume. Un volume in cui si è cercato di distillare l’essenza della XIII Edizione del “Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli” (10-20 novembre 2021) nella consapevolezza di non poter esaurire il multiforme calei­doscopio di spunti, contributi, discussioni che da sempre lo animano, confermandone la statura di originale laboratorio permanente sullo stato di salute dei diritti umani nel mondo.
Che si tratti di interi popoli, di minoranze etnico-religiose o di singoli individui, i “Persecuted” si muovono in un universo slabbrato e lo fanno in direzione ostinata­mente contraria. Il loro vessillo risiede unicamente nella forza delle proprie idee, ben sapendo che solo riannodando i fili, annaffiando la memoria, ricomponendo le tesse­re disperse di un mosaico da altri frantumato sarà possibile salvare la propria storia e il senso profondo della propria identità.
Valsusini, Saharawi e Palestinesi, Ezidi e Hazara, Sami e Siriani hanno questo in comune e, insieme, la necessità di urlare al mondo il proprio diritto all’esistenza. Un’esistenza dignitosa, nel seno di un’umanità più giusta e consapevole. E il cinema, in questo senso, con la sua forza evocativa, si fa, di volta in volta, cassa di risonanza, diario intimo, dirompente strumento di rivendicazione e resistenza.
Ali e radici da preservare, da salvare, per cui lottare.
Buona lettura!
Laura Sudiro

Introduzione

Sulle tracce di donne e uomini in fuga

La persecuzione non è l’effetto di un atteggiamento occasionale e neppure un comportamento che si può descrivere o riconoscere in modo univoco; a volte è un fenomeno che interessa per lunghi periodi interi popoli, affetti da istinti razzisti, xenofobi e da odi primordiali di cui si fatica a trovare le origini e quindi appare come comportamento collettivo, manifesto e bellicoso, contro singoli o gruppi; altre volte si presenta come il raffinato strumento di annientamento di singoli di cui si servono società evolute attraverso l’interpretazione di leggi e codici che dovrebbero assicurare la libertà di ognuno e invece vengono manipolate per negare i principi per cui sono nate, in una sorta di avvitamento ideologico che conduce all’assurda lotta di uno Stato contro una persona sola o un gruppo che esprime un pensiero diverso da quello dominante.
Di certo la persecuzione si concretizza con il reiterarsi di atteggiamenti palesemente liberticidi, quando non aggressivi e minacciosi, ai danni di soggetti che sono portatori di idee, convinzioni religiose, progetti o stili di vita che sono definiti pericolosi per la maggioranza dei componenti della comunità che li ospita.
La persecuzione è quindi, molto spesso, l’aspetto più odioso ed esasperato della lotta delle maggioranze contro le minoranze, quasi a volere affermare che il consenso sia la misura della giustizia. Ma, se in questi casi è più facile capire da che parte stare, meno semplice è riconoscere il sottile discrimine che anima le condanne per effetto di legge (ope legis) che si avvalgono dell’autorevole parere di giurie o di magistrati che portano i segni del potere popolare e di codici approvati con consensi universali. Se a macchiarsi di questa colpa sono le moderne democrazie occidentali, allora il reato diventa più odioso, perché matura in un contesto non deprivato e si trasforma in un abuso di potere, celato da fini legali o addirittura istituzionali. Il movente, in questi casi, è l’affermazione del pensiero unico dominante che criminalizza chi esprime un dissenso o semplicemente una posizione diversa da quella di chi detiene il potere.
Il Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli, XIII edizione 2021, cerca di svelare i retroscena delle persecuzioni razziali, ideologiche e religiose che opprimono da decenni alcune minoranze, vittime di crimini sistematici, addirittura di veri e propri genocidi, ma si sofferma anche sulle aggressioni silenti ed occulte che colpiscono persone sole, che agiscono in nome della propria coscienza o di un credo religioso e/o morale che le porta alle estreme conseguenze pur di affermare il diritto di esprimere le proprie idee e manifestare la propria visione del mondo.
Eroi, filosofi o semplicemente disobbedienti, queste persone ci insegnano che per stare al mondo non bisogna esclusivamente onorare la legge, ma a volte occorre svelarne i limiti, denunciando e lottando fino a far sentire la propria voce e chiedere aiuto, perché la verità e il senso ultimo del nostro vivere ha bisogno di dubbi e di rifiuti e l’armonia della giustizia non è immutabile, ma si nutre di equilibri dinamici molto complessi e l’etica e la morale non sono leggi scolpite nella pietra.
Il Festival di quest’anno prova dunque a mettere insieme il racconto di esperienze ultradecennali di oppressione di popoli senza terra e senza stato, come i Palestinesi, i Kurdi, o storie di minoranze come gli Hazara afghani e gli Ezidi Iraqeni, fino a raccontare episodi incredibili di soprusi legati alla protesta di intere comunità italiane ed europee come i Valsusini piemontesi e i Sami Norvegesi, lontani migliaia di chilometri ma affini nelle loro storie di orgogliosa rivendicazione identitaria e nella difesa di principi universali, peraltro sanciti nella legge dei loro Paesi. E non mancheranno eclatanti episodi di singoli cittadini minacciati da condanne straordinarie per avere dimostrato che la giustizia non è sempre interpretata dalla legge.
Di tutto questo tratta il XIII Festival che, da Napoli, solleva dubbi e formula domande, com’è nella sua natura, ospitando testimoni ed esperti, proiettando appelli in cui, talvolta, l’ironia di un sorriso nasconde il dolore di un’ingiustizia subita. E questo avviene mentre attorno imperversa la pandemia da Covid 19 di cui non ci stancheremo di raccontare i perversi effetti di compressione dei diritti e le nefaste conseguenze sulle relazioni umane, sulla quotidianità dei rapporti che rendono possibile il nostro lavoro. E di pandemia ci parlerà il dolce sorriso di Tanya Hatsura Yavorska, direttore del Festival del Cinema dei Diritti Umani di Minsk, nella lontana Bielorussia, vittima di una persecuzione da parte del suo governo per avere denunciato le condizioni in cui i medici della capitale bielorussa combattevano contro il Covid, nel silenzio dei mezzi di informazione. Arresto e torture per lei ed estradizione ai membri della sua famiglia (marito e figli) per avere “tramato contro la patria”, per avere affermato le reali condizioni di lavoro di decine di medici coraggiosi, tenute nascoste all’intero popolo bielorusso. E con queste parole e con il sorriso di questa donna coraggiosa si aprirà la XIII edizione, nel ricordo di un amico, Ciccio Capozzi, cinefilo instancabile e fondatore del nostro Festival, e di Gino Strada, indimenticato ospite e compagno di strada.
Se la pandemia non è una guerra, forse è lecito pensare che la guerra sta cambiando volto e il mondo cambia senza che noi ce ne rendiamo conto. Forse abbiamo ancora più bisogno di ascoltare e raccontare, forse abbiamo ancora più bisogno di cinema e di registi sensibili al vento di questo tempo burrascoso, per capire dove stiamo andando e quanto è ignobile la persecuzione degli onesti, dei coraggiosi, di chi la pensa diversamente dai più.
Benvenuti a Napoli, benvenuti al Festival, finalmente in presenza…. almeno per quello che sarà possibile.
Maurizio Del Bufalo