Un continente alla deriva

La globalizzazione ci ha abituati a considerare il territorio una risorsa asservita ciecamente alle logiche di sfruttamento del capitale. Uomini, donne, minori, anziani, famiglie, terra, acqua, aria, fiumi, coltivazioni, risorse umane e materiali, suolo e sottosuolo, tutto viene sacrificato sull’altare della massimizzazione dei profitti di chi investe e dà, in cambio, lavoro malpagato o sussistenza.

Per perseguire queste finalità, le economie più forti del pianeta (Stati Uniti, Cina, Europa, India) ricorrono anche a forme di estorsione di terra (land grabbing) ai danni di economie più fragili o, comunque, allo sfruttamento della manodopera e di risorse materiali locali. Ci sono poi interi continenti, come l’Africa o l’India (uno Stato che ha le dimensioni di un continente con i suoi 1.200 milioni di esseri umani) che costituiscono la frontiera del neocolonialismo, con i loro insediamenti industriali multinazionali e il bisogno urgente di produrre occupazione.

L’India presenta oggi caratteri emergenziali legati alla crescita iperbolica della popolazione che sta superando quella cinese e per la sfrontata liberalizzazione delle imprese straniere che sono ospitate sul suo territorio. Da questo punto di vista, l’esame del caso indiano offre una panoramica sociale ed economica sul possibile futuro del pianeta, perché, in questa terra, gli aspetti della competizione capitalistica raggiungono l’esasperazione. Lo sfruttamento delle miniere a cielo aperto è parossistico, l’inquinamento dell’aria, dei fiumi e dei laghi ha raggiunto quote da emergenza sociale e la carenza d’acqua sta rendendo impossibile la vita delle metropoli. Ma, nel frattempo, il Governo continua a costruire dighe e a togliere la terra ai contadini, distruggendo intere società rurali e privando il suo popolo delle risorse più tradizionali, inseguendo un modello di sfruttamento umano e ambientale senza precedenti. Straordinaria la ribellione delle donne, drammatico l’aumento dei suicidi tra i contadini e i giovani. Sarà questo il nostro (ultimo) futuro?

A parlare di India al Festival, dalle ore 18.30 di venerdì 22 novembre nello Spazio Comunale Piazza Forcella, saranno due giornaliste freelance, Daniela Bezzi e Maria Tavernini e il fotografo Andrea de Franciscis. In collegamento skype da New Delhi, la ricercatrice Eleonora Fanari. La proiezione del film “If she built a country” di Maheen Mirza accompagnerà la discussione.