La Val Susa al Festival di Napoli

Nicoletta Dosio

Trentadue anni di resistenza sono veramente troppi per definire una comunità di 90.000 persone come un covo di terroristi irriducibili. Tanto è il tempo trascorso dal 1989 quando, nella Valle di Susa, alle porte di Torino, si costituì il primo Comitato, denominato Habitat, per opporsi al progetto di Alta Velocità ferroviaria che doveva attraversare quelle colline piene di boschi e di terra coltivata per farne una galleria tra le più lunghe del mondo.

Da quel giorno nessuno ha saputo dimostrare l’utilità di quell’opera alla gente valsusina e i valligiani l’hanno bollata come inutile e dannosa. Ma non basta esprimere un parere, un giudizio, quando in gioco c’è una “grande opera” che è voluta dalle lobby di potere europee, quelle che non sanno neppure dove si trova la Val Susa. Non importa neppure se la gente della Valle dimostra che tagliare le montagne vuol dire tirare fuori scorie avvelenate da metalli pesanti che, come l’amianto, andranno in giro e saranno respirati da tutti quelli che abitano quei luoghi. Non importa neppure se gli scienziati dimostrano che i flussi di trasporto delle merci non rispondono più a quelle ipotesi fatte trent’anni fa. Ormai gli appalti sono stati assegnati e i soldi stanziati e la natura?….la natura può essere aggredita, come avviene in altre parti del mondo dove la democrazia è una chimera e le multinazionali comandano oltre lo Stato, anche mobilitando le forze dell’ordine di quello stesso Stato a cui stanno togliendo sovranità e terra.

Questo accade nell’Italia del 2021, non nell’Amazzonia di Bolsonaro e neppure nell’Afghanistan dei Talebani e la nostra democrazia scricchiola sotto il peso di queste azioni decise da pochi padroni in camere stagne, dove nessuno tiene conto del confronto con gli esponenti del mondo scientifico e delle comunità dei residenti che verranno espropriati di tutto. E’ già accaduto ai contadini indiani alle prese con le dighe, agli indigeni del Borneo contro i mercanti del legno e ai mapuche della Terra del Fuoco contro Benetton. E questo sarebbe l’Occidente ricco e premuroso dei Diritti? Ma non è quello che abbiamo già visto nel Terzo Mondo da quarant’anni ad oggi?

Il Festival di Napoli ha deciso di dedicare alla Comunità Valsusina la sua XIII Edizione per capire se l’accanimento giudiziario contro le persone che protestano per tutto questo è dovuto perché miopi ed egoiste o se invece questa è violenza al servizio di un’economia malata. E’ dunque persecuzione verso chi vede molto oltre le gallerie di cemento armato, immaginando un mondo invivibile e pericoloso per tutti o è soltanto una giustizia dura da accettare, ma pur sempre giusta?

E fin dove è giusto accettare la legge e non disobbedire per difendere i Diritti di tutti?

Lo chiederemo ai protagonisti e agli esperti come facciamo da sempre per le questioni che ci appassionano, sperando che il Cinema e il confronto aprano nuove prospettive di comprensione e di collaborazione con chi lotta e resiste. E anche per far conoscere le storie di chi, come Emilio Scalzo, è sotto il tiro della giustizia europea per essersi opposto col proprio corpo ad un progetto inaccettabile, o come Nicoletta Dosio e Dana Lauriola, che hanno pagato con due anni  carcere un blocco stradale di mezz’ora. Parliamone insieme a loro.

Amici della Val Susa, benvenuti al XIII Festival!

Nota: Il Festival dedicherà a questo tema le sessioni di Giovedi 11 mattina (con Ezio Bertok e Nicoletta Dosio) e sera (con Livio Pepino) che si terranno presso l’EX OPG di via M.R. Imbriani 129, Napoli. In diretta sulla pagina Facebook del festival. Venerdi 19 alle ore 10, saremo su Facebook per una videoconferenza in diretta con la Val Susa per ascoltare i giovani attivisti NO TAV e le loro speranze e prospettive.