CONCORSO CINEMATOGRAFICO

14-17 NOVEMBRE 2011 – Napoli, Cinema “Academy Astra”

19 NOVEMBRE 2011 – Napoli, San Lorenzo Maggiore

Due sezioni per conoscere e premiare il cinema di impegno sociale

Due giurie, tra giovani delle università napoletane ed esperti di cinema e diritti umani per diffondere la cultura dei diritti umani attraverso il cinema. Un riconoscimento intitolato alla memoria di Vittorio Arrigoni e Juliano Mer Khamis.

Per il quarto anno consecutivo, il Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli (8-19 novembre 2011), patrocinato dal Sindaco e dal Comune di Napoli, apre le sue porte ai registi di tutto il mondo. Un festival sui generis che nasce dall’incontro di diverse realtà di natura associativa ed istituzionale (Enti ed Università) sparse sul territorio di Napoli e su quello dell’area metropolitana, con lo scopo di dare voci a molteplici questioni legate ad una moderna coniugazione dei diritti universali dell’uomo.

Il concorso cinematografico si pone l’obiettivo di raccontare le attuali situazioni di violazione dei diritti umani, largamente intesi, con una particolare attenzione a quello che sta accadendo in Italia e nel Mediterraneo con i recenti moti rivoluzionari che scuotono il Nord Africa e il Medio Oriente e che pongono, all’attenzione europea e mondiale, profonde ed irrisolte questioni di giustizia e di diritti.

«Il lavoro di visione e di riflessione sulle opere pervenute è stato intenso e partecipato. – afferma il Comitato di Selezione del Festival coordinato da Antonio Borrelli – Abbiamo effettuato delle scelte che, crediamo, siano in grado di garantire una proposta culturale e sociale rilevante, con un panorama di storie, situazioni, persone, questioni e argomenti estremamente variegato. Il ventaglio di proposte presenta, inoltre, un interessante livello di sperimentazione e originalità che, unito a un’elevata qualità tecnica e narrativa, sarà sicuramente capace di incuriosire e appassionare un’ampia platea di spettatori».

Accanto alla sezione HUMAN RIGHTS DOC, già presente lo scorso anno, questa edizione del concorso cinematografico si arricchisce della categoria HUMAN RIGHTS SHORT, riservata a cortometraggi di ispirazione sociale. Due le Giurie chiamate a valutare i film che parteciperanno alla selezione ufficiale, la prima composta dai documentaristi Chiara Brambilla e Maurizio Gibertini, dal giornalista Alberto Castellano, dal montatore Giogiò Franchini e presieduta da Giulia Grassilli, Presidente dello Human Rights Film Network; la seconda, una Giuria Giovani, composta da studenti delle principali Università napoletane, che attribuirà un premio speciale.

L’intento del Festival del Cinema di Diritti Umani è, inoltre, quello di valorizzare un Cinema indipendente, reale e fatto con passione e convinzione, in particolare quel Cinema Documentario che, nonostante sia negli ultimi tempi intriso d’innovazione e di originalità, continua ad essere emarginato dai classici canali della distribuzione cinematografica, pur reclamando, con forza, uno spazio peculiare di promozione e diffusione. È per questa ragione che, obiettivo prioritario del Festival Napoletano, è quello di garantire una circuitazione delle opere che sia la più ampia possibile, sfruttando la rete internazionale dell’HRFN Human Rights Film Network, composta da oltre trenta Festival dei Diritti Umani sparsi per il mondo e di cui il Festival di Napoli fa parte dal 2009. In particolare il Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli, fin dalla sua nascita, è gemellato con il Festival del Cinema dei Diritti Umani di Buenos Aires (DerHumALC), al quale, di recente, ha presentato le opere vincitrici della edizione tenuta a Napoli nel 2010.

L’edizione 2011 del festival napoletano sarà caratterizzata, tra l’altro, da un Premio Speciale dedicato alla memoria di Vittorio Arrigoni e Juliano Mer Khamis, da assegnare all’opera che, con coraggio, passione e indipendenza, porterà alla luce situazioni e storie marginali capaci di delineare inconsueti spazi di lotta per un moderno attivismo civile, anche attraverso l’utilizzo di modalità comunicative e forme di linguaggio sperimentali.

Le proiezioni dei film in concorso si terranno al Cinema “Academy Astra” dal 14 al 17 novembre. I vincitori del Festival, proclamati nella cerimonia di chiusura di sabato 19 novembre avranno, come nelle scorse edizioni, la possibilità di partecipare di diritto alla prossima edizione del DerHumALC di Buenos Aires.

Calendario delle opere in concorso

Lunedi 14 Novembre


Human Rights Short

Hitler’s Drug, di Alessandro Molatore (Irlanda/Italia/Messico 2011, 10’)

A Poipet, città di confine tra la Tailandia e la Cambogia, Thon ci guida tra gli incubi, le speranze e la realtà di un giovane alla guida di una piccola gang.

La decima onda, di Francesco Colangelo (Italia 2011, 16’)

Quando uno straniero arrivava, gli si offriva del cibo, un letto e ci si sedeva insieme, intorno al fuoco, ad ascoltare i suoi racconti dall’altra parte del mare.

Corti, di Angelo Cretella (Italia 2011, 21’)

La vecchia barberia e la compagnia dell’amico Santulli sono tutto ciò che resta a Michele, barbiere di un piccolo paese di provincia. La sua pacata esistenza viene però turbata dal figlio che vuole a tutti i costi fargli vendere la barberia. A sconvolgere la situazione arriva Mimmo, un bimbo di 8 anni, che vuole farsi tagliare sempre i capelli corti, anzi cortissimi.

Human Rights Doc

The Well – Voci d’Acqua dall’Etiopia, di Paolo Barberi e Riccardo Russo (Italia 2011, 56’)

Siamo nel Corno d’Africa, una regione del mondo che è ciclicamente sconvolta dalla siccità. Qui, nelle aride distese dell’Oromia (Sud dell’Etiopia), ogni anno quando la stagione secca è al culmine i pastori Borana si raccolgono con tutti gli animali attorno ai loro secolari pozzi cantanti. Mentre nel mondo intero l’accesso all’acqua potabile non è ancora considerato un diritto fondamentale dell’Uomo, i Borana meritano una particolare attenzione per la loro straordinaria capacità di garantire un accesso generale ai loro pozzi senza nessuno scambio di denaro in una delle regioni più aride del pianeta.

This is my Land… Hebron, di Giulia Amati e Stephen Natanson (Italia 2010, 72’)

Hebron è un luogo conteso, dominato dall’odio e dalla violenza. Nel 1967, un gruppo di 30 coloni israeliani decise di trasferirsi nella città per riprendere possesso di quella che considerano una parte importante della Terra Promessa. Hebron è l’unica città dei Territori Occupati ad avere una colonia israeliana nel cuore di una città palestinese. 600 coloni vivono protetti da 2000 soldati nel centro storico di una città di 160.000 palestinesi. Qui il conflitto ha preso la forma di una guerra tra vicini di casa dove l’obiettivo è conquistare ogni giorno un metro in più di città, tenere il nemico sotto controllo o semplicemente resistere. Bambini, donne e militari partecipano a questa guerra quotidiana.

Locked in Limbo, di Alvaro Lanciai (Italia 2011, 61’)

Cipro, Malta, Ceuta. Tre luoghi lungo i quali si dipana il confine meridionale d’Europa, una moderna cortina di ferro che attraversa il Mediterraneo, tre “non luoghi” dove l’Europa ha deciso di incatenare chi fugge dall’Africa, dal Medio Oriente o dall’Asia. Destini di giovani migranti, che spesso restano congelati per anni in attesa di una risposta. Picchiati, torturati e ceduti da un gruppo criminale all’altro, questi migranti, ad un passo dal loro traguardo, si sono visti chiudere le porte per l’Europa. Intrappolati in queste strisce di terra, non possono tornare sui loro passi, né proseguire. Un’attesa perpetua che li priva di anni della loro vita. C’è chi si arrende e chi, invece, si aggrappa ad una flebile speranza.

Martedi 15 Novembre

Human Rights Short

Lamngen Mapu, di Rami Gonzalez (Italia/Cile 2010/2011, 20’)

Lamngen Mapu è un documentario che invita a conoscere coloro che disprezziamo e consideriamo come diversi, in qualsiasi parte del mondo essi e noi si possa essere. Quest’opera è un sostegno alla comprensione e alla crescita degli esseri umani. Il film tratta della perdita delle proprie origini, della terra e della lingua madre. In Cile, il popolo dei Mapuche ha vissuto tutto questo e lotta per sopravvivere, cercando disperatamente di ritrovarsi e riconquistare la propria cultura, negatagli per tanti secoli, prima dai conquistatori spagnoli e poi da quelli cileni.

Tiro a Vuoto, di Roberto Zazzara (Italia 2010, 15’)

In una scuola superiore, gli attriti tra ragazzi sono quotidianità. C’è chi coltiva l’amicizia sincera e c’è invece chi basa i rapporti sulla prepotenza, il silenzio sui propri dolori. Quando questi due modi di vivere l’adolescenza si scontrano, tutti provano una sensazione di instabilità e paura, ma solo alcuni avranno la forza di seguire fino in fondo il loro istinto.

La polvere, di Giuseppe Carrieri (India 2010, 11’)

Una piccola fioraia e un giovanissimo prestigiatore si inseguono, senza saperlo, dentro le arterie di una città per loro smisurata. Nel loro incontro, c’è il destino di un’intera infanzia indiana. E del suo arcobaleno.

Human Rights Doc

A Mao e a Luva – Storia di un trafficante di libri, di Roberto Orazi (Italia 2010, 65’)

Ricardo Gomez Ferraz, ispirato a 16 anni dalla lettura di un libro, inizia una rivoluzione silenziosa dal basso, in una delle favelas più pericolose del Brasile. Colleziona libri per oltre 15 anni, incoraggiando prima i bambini e poi gli adulti alla lettura e aiutandoli ad evitare la droga, la prostituzione, la criminalità. Riconosciuta la sua attività dalla stampa locale, incontra il ministro della cultura Juca Ferreira e poi vince il premio “Faz a diferenca” di Rete Globo, per il sociale. Ad oggi, grazie al suo lavoro assieme al Ministero della Cultura, esistono più di 500 punti di lettura in tutte le zone povere del Brasile.

Good Buy Roma, di Gaetano Crivaro e Margherita Pisano (Italia 2011, 50’)

Abbandonato da anni, chiuso, protetto e minacciato da un alto muro spinato, ricoperto da tanta polvere, l’edificio di Via del Porto Fluviale 12 era un magazzino militare, di proprietà pubblica, uno di quei tanti scheletri che come funghi spuntano nel panorama cittadino. Era, perché oggi è qualcos’altro. Con gli anni e il lavoro, la polvere è stata scacciata, il processo di degrado fermato e la vita ha preso il suo posto. Dal 6 giugno 2003 vivono, in questo ex scheletro, circa 100 famiglie, provenienti da tre continenti. In 8 anni sono nati circa 40 bambini. Cosi la ex caserma è diventata non solo una casa, ma quasi una piccola città.

Il Nuovo Sud dell’Italia, di Pino Esposito (Italia 2010, 74’)

È un film di riflessione sul Sud Italia che sta cambiando e sta diventando, da luogo di emigrazione, luogo di immigrazione. In quel profondo Sud, costretto ad accogliere tanti disperati che stanno scappando da fame e guerre, ma anche da un Nord Italia che, con astio e rifiuto, li costringe involontariamente ad emigrare verso il Mezzogiorno. Un Mezzogiorno dove mancano le infrastrutture e le risorse per accogliere queste masse di persone alla deriva… e ci si divide quel poco che c’è, in mezzo a tanta violenza e sfruttamento.

Mercoledi 16 Novembre

Human Rights Short

Scala Cromatica, di Costantino Sgamato (Italia 2010, 2’)

Armonia è necessità d’unione, concatenazione d’elementi. Cosa resta se taluni di questi, forse i più contrapposti, vengono estromessi? Ne muore l’Armonia, consegnandoci uno stato di Monotonia. Questo è per la musica come per gli umani.

The Beaten, di Simon Mckeown (United Kingdom 2011, 8’)

Il leggendario attore comico disabile inglese Liz Carr brilla nel film violento e duro “The Beaten”, uno studio sulla disperazione e sugli abusi che le persone con disabilità, oggi come nel futuro, soffrono. Girato in una sola stanza, la performance di Liz Carr è un tour de force di emozioni, vulnerabilità e potenza. Scritto e diretto dall’artista e regista Simon Mckeown, “The Beaten” riflette sulla propensione all’assistenza e al dominio della società di oggi.

Human Rights Doc

Le White, di Simona Risi (Italia 2010, 50’)

Via Carlo Feltrinelli, periferia sud-est di Milano. Tra la tangenziale Est e un campo di tiro per arcieri sorgono le “Case bianche” dette “le White” di Rogoredo, case popolari costruite nel 1986 e abitate da 150 famiglie. Case bianche perché bianco è il colore dei pannelli d’amianto di cui sono interamente rivestite. Oscar White, il rapper di Rogoredo, con il brano “Milano sud Est” denuncia la situazione delle White: il degrado, le tante persone ammalate e soprattutto la paura per le morti di tumore di alcuni giovani. Nelle White oltre ad Oscar vivono Paolo ed Elena (ex punk della Milano degli anni ‘80) e Graziella, un riferimento per tutti gli abitanti del palazzo. Sono loro l’anima del Comitato che nel corso degli anni ha informato gli abitanti del condominio del pericolo legato alla sostanza cancerogena, oltre ad avere condotto un’ostinata battaglia con le istituzioni per ottenere la bonifica dello stabile. Che solo ora, dopo venticinque anni, sembra finalmente essere stata approvata.

Bakroman, di Gianluca e Massimiliano De Serio (Italia 2010, 74’)

In lingua moré (Burkina Faso) “bakroman” significa “ragazzo di strada”: nelle strade della capitale, Ouagadougou, più di seicento ragazzi vivono senza niente da mangiare, né un tetto sotto cui dormire. Eppure, si sono uniti in un “sindacato”, per difendere i propri diritti e coltivare le proprie speranze. Per poter uscire, un giorno, dalla strada.

La fabbrica incerta, di Luca Rossomando (Italia 2010, 52’)

Il film racconta la vita quotidiana dentro e fuori lo stabilimento Fiat di Pomigliano attraverso la voce di otto operai. Tra questi, una donna. Il senso del lavoro, i ritmi e le cadenze, il ruolo del sindacato, il rapporto con i capi e con i colleghi, il primo giorno di fabbrica, le aspettative e le delusioni, l’orgoglio e i sacrifici, le passioni e i desideri di ognuno. Quello che non appare nelle riprese – l’interno della fabbrica, gli incubi e i sogni dei lavoratori – lo mettono in scena i disegni di Cyop&Kaf, che si alternano alle interviste descrivendo, a modo loro, la giornata di un operaio come tutti gli altri.

365 without 377, di Adele Tulli (Italia 2011, 53’)

Imposta sotto il dominio inglese nel 1860, la “Section 377” del Codice Penale Indiano criminalizzava qualsiasi atto di naturale sessuale fra due adulti dello stesso sesso, stigmatizzandoli come “contro natura”. Il 2 luglio 2009 la Corte Suprema di Delhi ha emanato una legge storica che ha finalmente cancellato quel retaggio coloniale, accogliendo la domanda della comunità GLBT indiana che, negli ultimi dieci anni, tanto ha combattuto per abrogarla. Tre personaggi, Beena, Pallav e Abheena attraversano Bombay per celebrare il primo anniversario di quell’evento di libertà. Un reportage prodotto da Ivan Cotroneo.

Giovedi 17 Novembre

Human Rights Short

I’m Here, di  Jude Chehab (Libano 2011, 4’)

Un film di 4 minuti che parla di come la società ponga limiti alla “Hijabis”, la libertà di espressione. Le donne musulmane sono immobili nelle società in cui vivono. Scrive Jude Chehab: «Ho girato “I’m Here” perché è difficile per la maggior parte delle donne musulmane che portano il velo trovare lavoro nel mondo. I datori di lavoro e le aziende e, in generale le persone, continuano a giudicarle dal foulard che portano sulla testa e dal modo in cui sono vestite». “I’m Here” sfida queste barriere. Non è facile né piacevole da vedere, ma nel momento in cui le donne musulmane si sentono libere, parlano orgogliosamente delle loro professioni senza pronunciare una sola parola.

In My Prison, di Alessandro Grande (Italia 2010, 7’)

Un detenuto non riesce a sopportare l’ambiente opprimente che si respira all’interno di un carcere ed escogita così un piano per mettere fine alle sue angosce e ritrovare la serenità.

Human Rights Doc

(R)esistenza, di Francesco Cavaliere (Italia/Olanda 2011, 82’)

(R)esistenza racconta otto storie di resistenza civile a Scampia, il noto e problematico quartiere alla periferia nord di Napoli descritto anche in “Gomorra” di Roberto Saviano. In un contesto di forte degrado sociale, criminalità e disoccupazione, i protagonisti raccontano in prima persona la loro vita nel quartiere, considerato il più grande mercato di droga d’Europa.

Lettere dal deserto (Elogio della lentezza), di Michela Occhipinti (Italia 2010, 88’)

Il mondo corre. Hari cammina. Le sue scarpe consumate percorrono lunghe distanze nel deserto per recapitare messaggi chiusi in lettere scritte a mano, dalla calligrafia preziosa, da consegnare a destinatari che abitano villaggi sperduti, chiusi in una dimensione temporale dimenticata, fuori dal mondo. Le lettere parlano di amori, matrimoni, successi e decessi. Quelle che portano la morte si riconoscono subito, sono quelle con l’angolo destro tagliato, che Hari legge sull’uscio ad alta voce e poi strappa, perché le brutte notizie vanno distrutte, disperse, cancellate per sempre. In un mondo in cui il tempo è un lusso, la velocità è sinonimo di efficienza e civiltà e dove si comunica premendo tasti che riproducono caratteri tutti uguali, la storia di Hari è un’isola cristallizzata nel tempo. Quando l’unico modo per comunicare era un foglio, una penna, l’inchiostro. Quando la gente era ancora in grado di aspettare. Un ritorno alla lentezza, e alla natura, quella inospitale del deserto del Thar. Finché arrivano delle strane torri metalliche, intruse nel paesaggio, a rivoluzionare la vita del piccolo villaggio.

Vivamazonia, di Francesco Cannito (Brasile 2010, 54’)

Nel cuore della foresta amazzonica, sul fiume Jauperì, in un’area abbandonata dalle istituzioni e con un elevato tasso di analfabetismo, c’è una piccola scuola rurale, in cui i bambini non imparano soltanto a leggere e scrivere ma a difendere il loro ambiente naturale da chi, in nome del profitto, cerca di distruggerlo.