Napoli, 9 novembre 2011 – secondo giorno di Festival

Chi non conosce Cesare Moreno, alzi la mano…. Stasera all’IPIA Sannino di Ponticelli è stata di scena la strada, quella strada che dà e toglie ai giovani delle periferie napoletane il proprio futuro, a volte trascinandoli fuori dal corso scolastico altre volte aiutandoli a barcamenarsi nei meandri di una vita dura. La strada come paradigma della vita stessa, piena di pericoli e di rischi ma a volte anche luogo di salvezza e di coesione sociale. I volti di ex ragazzi Chance e di docenti che sono passati nel famoso progetto di recupero dei giovani delle periferie orientali della Città, hanno illuminato una serata trascorsa tra i banchi dell’istituto di Ponticelli, in quel quartiere dove ieri sera abbiamo trovato, al Pierrot, il pubblico delle grandi occasioni e stasera le storie di qualche decina di reduci che Cesare Moreno e sua moglie Carla Melazzini hanno strappato ad un futuro inquietante.

Chance è finito ma lo spirito di quell’azione vive ancora, in forme diverse, in altre azioni che Cesare annuncia e per le quali combatte, anche oggi che la sua compagna di vita non c’è più. Le parole di Carla, i suoi insegnamenti ricordati dai colleghi dei lunghi anni trascorsi a raccogliere ragazzi smarriti e fragili in queste strade piene di buche e di cemento, sono ora fissate nel libro “Insegnare al principe di Danimarca” che Cesare porta in giro per tutta l’Italia, in un tourbillon di abbracci e incontri con vecchi e nuovi amici. Gli anni sono rapidamente trascorsi, ma il problema della dispersione scolastica è ancora più forte di prima e le cause di devianza sono ancora più evidenti, se possiamo dirla tutta. Quei quartieri operai oggi sono oscuri dormitori che anche a mezzogiorno non respirano vita, sono solo luoghi di attraversamento per evitare la morsa del traffico della metropoli, non luoghi.

Cesare mostra molti film brevi e tra questi un “Vomero Travel” accompagnato da Guido Lombardi, l’autore, che sottilmente mette alla berlina l’annosa dicotomia tra i “cafoni di Napoli bassa” e gli snob borghesi del Vomero. Le figure degli immancabili ragazzi difficili di Scampia, ammirati e seguiti da un giovane e biondo ragazzino dei quartieri alti, ripropongono le mille facce di questa città antica che ha radicato tante identità, una più singolare dell’altra (posillipini, vomeresi, scampioti, etc), che aumentano la separazione e la fatica di vivere   a queste latitudini. Il film è carino e stimola discussioni e orgoglio di quartiere, ma viene fuori che Napoli non è una ma mille insieme, un po’ provinciale e acquartierata, tanto da farci riflettere sulla fatica di Sisifo di un festival che vorrebbe portare nel Mondo un’immagine nuova della città partenopea …. ma quale delle tante?

È sera quando le luci dell’Istituto Sannino si spengono sulle aule piene di sedie vuote e finalmente il personale di guardia può tirare un sospiro di sollievo e tornare a casa. Cesare e Lionello Massobrio  restano a salutare anche gli ultimi amici e gli ex allievi, ma c’è ancora, come ieri alla facoltà di Giurisprudenza, un fantasma che si aggira tra i banchi, il fantasma del ’68 e degli anni che volevano cambiare il mondo. Ricordo che la mia generazione non riuscì quasi mai a parlare con i propri genitori del fascismo e della guerra, potemmo solo contestare e rompere gli equilibri. La nostra, per quanto ingrata verso i propri eredi, non smette di mettersi in gioco e di parlare di ciò che poteva essere e non è stato, dei propri errori e dei meriti, ma, almeno, non tace e “tiene ancora banco”, se posso usare una felice figura retorica. Ok Cesare che non hai mollato, accetta anche la sfida di essere ancora un altro giorno al festival e di misurarti con altri che si occupano di minori, stavolta in carcere. Ti aspettiamo lunedi 14 per accogliere Mendez, uno che ha i tuoi stessi capelli grigi e combatte ancora, sono certo che scoprirete grandi affinità …. di strada.

Non temete, il festival non dorme.

Maurizio del Bufalo